IPERIMMAGINAZIONE

Occorre un cambiamento dei media-guida culturali dalla scrittura alle immagini tecniche; allora i nuovi esercizi spirituali adeguati all’epoca attuale andrebbero cercati nel territorio dell’immaginario tecnico e dei corrispondenti rapporti mentali con esso. Dipenderà quindi da questo lo sviluppo di una forma di pensiero totalmente nuova, entro cui far evolvere i momenti dell’evidenza e dell’immaginazione nel processo cognitivo, in una qualità di pensiero  (iperimmaginazione). In questa pratica non è importante, in prima battuta, la mediazione di teorie o lo scambio di argomentazioni razionali, bensì un’evocazione di coscienza, che eleva l’uditore a un livello non-quotidiano di conoscenza e visione d’insieme. Se si risale alle cause di questo effetto, successivamente si trova dischiuso, al culmine dell’astrazione estrema, uno spazio spirituale fino a questo punto ignoto, una nuova dimensione (nel senso tecnico della parola) del pensare, che è metaforica, immaginativa, senza riferimenti a qualcosa di sensibilmente rappresentabile. Il materiale sensibile di questa nuova evidenza sono piuttosto concetti e teorie costruite a partire da concetti. E’ questa forma di pensiero iperimmaginativa – hyper, che si situa oltre la lingua e la concettualità – che chiarifica la libertà di saltare da una vetta di pensiero della tradizione all’altra e compara e collega le cose più eterogenee. Tale volo di pensiero è possibile dal momento in cui viene scoperto lo spazio che si apre tra vette di pensiero come elemento e medium del pensare (spazio iperimmaginativo).
Le immagini mentali (immagini di pensiero) sono riabilitate a strumenti di conoscenza contro la tradizione del logos: metafore fondamentali che afferrano gli spazi reali e surreali, in cui gli uomini vivono, si aggirano e sono. Il mondo tecnolocizzato in un certo senso è diventato immagine, solo dal fatto che l’immagine entra nel pensiero; o meglio, dal fatto che il pensiero entra nell’immagine.


Ci dobbiamo spostare in primis sul terreno su cui viviamo e moriamo, se non ci facciamo illusioni. Solo dopo che in un certo senso saremo saltati nella radura dell’essere, saremo autenticamente difronte all’albero fiorito, senza  tradirlo come fa il mondo della nostra contemporaneità che, profondamente trasformato dall’esplicazione tecnica, non conosce più alcun suolo su cui sia possibile saltare: ogni salto di pensiero conduce oggi all’abisso. Ciò che è necessario è una radicalizzazione della sospensione del giudizio (epoché), precisamente facendo in modo che non solo si tengano le distanze dal mondo e dalla vita, ma anche da ciò che fino ad oggi è stato il logoro medium di vita e mondo: il linguaggio. E’ necessario un “pensiero che vede”, che è posto “sopra” il discorso, che da esso emerge e che ammette nei suoi tratti una qualità immaginaria, metaforica, di tipo elevato. Immaginaria nel senso di una immagine che significa il concetto. Il pensiero più avanzato deve occuparsi, per così dire, dei processi che danno immagini, per illuminare le forme e i panorami dei concetti, dei discorsi e dei dati in cui navighiamo attraverso una nuova modalità del vedere mentale. Il campo della politica andrebbe indagato con l’aiuto di una teoria del flusso per ciò che concerne le cariche semantiche o i vettori di senso.

(tratto da: ESERCIZI PER CAMBIARE LA VITA – IN DIALOGO CON PETER SLOTERDIJK)

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