La mancanza di significato impedisce la pienezza della vita, ed è
pertanto equivalente alla malattia. Il significato rende molte cose sopportabili,
forse tutto. Nessuna scienza sostituirà mai il mito. Non “Dio” è un mito, ma il
mito è la rivelazione divina nell’uomo. Non siamo noi a inventare il mito, ma
esso parla a noi come “verbo di Dio”. Il "verbo di Dio” viene a noi, e non abbiamo modo di distinguere se, e in che modo,
si differenzia da Dio. Non vi è nulla in questo “Verbo” che non possa essere
considerato noto e umano, tranne il modo col quale spontaneamente ci sollecita e ci costringe. Sfugge al nostro
arbitrio. Non si può spiegare una “ispirazione”: sappiamo solo che una “trovata”
non è il risultato del nostro raziocinio, ma che ci viene “da qualche altra
parte”. Il “Verbo” viene a noi; noi lo subiamo, perché siamo preda di una
profonda incertezza: con un Dio che è complexio
oppositorum “tutto è possibile”, nel significato più pieno dell’espressione:
la verità e l’inganno, il male e il bene. Non possiamo e non dobbiamo
rinunciare a far uso della ragione; e neppure dobbiamo abbandonare la speranza che
ci soccorra l’istinto – nel quale caso un Dio ci sostiene contro Dio. Tutto ciò
attraverso cui si esprime l’”altra volontà” è materia formata dall'uomo, il suo
pensiero, le sue parole, le sue immagini, e tutte le sue limitazioni. Di conseguenza
egli ha la tendenza a riferire ogni cosa a se stesso, (...), e
crede che tutto derivi dalle sue intenzioni e da “lui stesso”. Con infantile ingenuità
presume di conoscere tutti i propri
poteri e di sapere che cosa è “in sé”. Pure fatalmente egli è messo in
difficoltà dalla debolezza della sua coscienza e dalla corrispondente paura
dell’inconscio, e pertanto è letteralmente incapace di distinguere ciò che egli
ha pazientemente ricavato col ragionamento da ciò che spontaneamente gli è venuto da un’altra fonte. Non ha oggettività difronte a se stesso e non è ancora capace di
considerarsi come un fenomeno che si trova davanti e rispetto al quale for better or worse egli è identico. Da principio
tutto gli è dato, tutto dipende da lui, tutto gli accade ed è solo con grande
sforzo che alla fine riesce a conquistarsi e a mantenere una sfera di relativa
libertà.
Solo quando è assicurato tale conquista, solo allora, è in condizione di
poter riconoscere che si trova di fronte alle sue fondamenta, ai suoi principi –
involontari, perché gli sono stati dati – che egli non può sopprimere. I suoi
principi (…) vivono in lui come il costante substrato della sua esistenza,
plasmandone la coscienza almeno tanto quanto il mondo fisico che lo circonda.
(Jung)
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